50. Chi erano gli evangelisti?

Quasi in ogni pagina del Vangelo ci imbattiamo in personaggi che si chiedono qualcosa su Gesù: da dove viene, come mai insegna con tanta autorità, da dove deriva il suo potere, perché fa miracoli, perché sembra opporsi alle tradizioni, perché le autorità lo respingono. Sono domande che si fecero allora e si sono continuate a fare lungo i secoli. A queste domande se ne sono aggiunte altre sul Gesù storico: che lingua parlava, che rapporto aveva con Qumran, è esistito davvero Ponzio Pilato?

I vangeli sono importanti perché ci trasmettono la predicazione degli Apostoli, e perché gli evangelisti furono o Apostoli o uomini apostolici (cfr Dei Verbum, n.19). Con ciò si rende giustizia a quanto ricevuto dalla tradizione: gli autori dei vangeli sono Matteo, Giovanni, Luca e Marco. Di questi, i primi due figurano nella lista dei dodici Apostoli (Mt 10,2-4 e paralleli) e gli altri due figurano come discepoli di San Paolo e San Pietro, rispettivamente. La ricerca moderna, nell’analizzare criticamente questa tradizione, non vede grandi difficoltà nell'attribuire a Marco e a Luca i loro rispettivi vangeli; invece, è più critica riguardo alla paternità di Matteo e di Giovanni. Viene affermato che queste attribuzioni mettono in risalto che gli scritti provengono dalla tradizione apostolica, a prescindere dal fatto che furono proprio i due apostoli a scrivere il testo.

Quello che è importante, pertanto, non è la persona concreta che ha scritto il vangelo ma l'autorità apostolica che era dietro ad ognuno di essi. A metà del II secolo, San Giustino parla delle “memorie degli apostoli o vangeli” (Apologia, 1,66,3) che si leggevano nella riunione liturgica. Da questo fatto si arriva a due conclusioni: l’origine apostolica di questi scritti e che essi venivano conservati per essere letti pubblicamente. Un po' dopo, nello stesso II secolo, altri scrittori già ci dicono che i vangeli apostolici erano quattro e solo quattro. Così Origene: “La Chiesa ha quattro vangeli, gli eretici moltissimi, fra essi uno che è stato scritto secondo gli egizi, altri secondo i dodici apostoli. Basilide si azzardò a scrivere un vangelo e metterlo sotto il suo nome (...). Conosco un certo vangelo che si chiama secondo Tommaso e secondo Mattia; e leggiamo molti altri” (Hom. I in Luc, PG 13,1802).

Espressioni simili si trovano in Sant’Ireneo che, inoltre, aggiunge: “Il Verbo autore dell’Universo, che è seduto sopra i cherubini e che tutto regge, una volta manifestato agli uomini, ci ha dato il vangelo quadriforme, vangelo che è mantenuto, ciò nonostante, da un solo Spirito” (Contro le eresie, 3,2,8-9).

Questa espressione - vangelo quadriforme - mette in evidenza una cosa molto importante: Il vangelo è uno, però la forma è quadrupla. La stessa idea si esprime nei titoli dei vangeli: i loro autori non vengono indicati, come altri scritti dell’epoca, con il genitivo di origine (“Vangelo di...”) ma con la espressione kata (“vangelo secondo ...”). In questa forma, si segnala che il vangelo è uno, quello di Gesù, ma testimoniato da quattro forme che vengono dagli apostoli e discepoli degli apostoli. Si segnala così anche la pluralità nell'unità.