La famiglia, il lavoro e l'Opus Dei raccontati da una madre

Caterina Altomare, soprannumeraria dell’Opus Dei, madre di 6 figli, funzionario tributario, sposata con Egidio, racconta della sua famiglia e del suo lavoro, e non cerca neppure di nascondere la sua "resistenza" prima di rispondere alla chiamata di Dio.

Ho conosciuto l’Opus Dei quando ho sposato mio marito e per anni ho sostenuto con forza che una persona dell’Opera in una famiglia fosse più che sufficiente. Dopo 10 anni di matrimonio, 4 figli e una vita piena, ho cambiato completamente idea, tanto che, poco tempo fa, ho sussultato di gioia quando il mio Aldo, di 14 anni, diceva al parroco che benediceva la nostra casa per Pasqua: “…sa, qui noi siamo tutti dell’Opus Dei..”.

Da alcuni anni inizio la giornata con la santa Messa e cerco di vivere con sempre maggiore consapevolezza la mia filiazione divina, affrontando la giornata con tutta la gioia di chi sa di essere sempre figlio di Dio; in famiglia come nel lavoro cerco di impegnarmi come se tutto dipendesse da me, ma affidando tutto, gioie e sofferenze, contrarietà e riconoscimenti, nelle mani del Signore. Con mio marito Egidio cerchiamo di educare i bambini puntando molto sullo sviluppo delle virtù umane, sulla laboriosità, sulla generosità e la fortezza, che sono sicuramente un tramite per avvicinarci a Dio, cominciando però da noi stessi. 

Lo scorso anno, una sera, mentre  eravamo tutti a cena dalla parrocchia di S. Eugenio chiamano uno dei figli, Vittorio, per chiedergli se la domenica successiva avrebbe potuto fare da chierichetto in una s. Messa solenne. Ho preso la telefonata del parroco ed ho risposto che era proprio impossibile, per tanti e svariati motivi… Ma dall’altro capo del telefono ho sentito una voce mesta che diceva “…peccato si tratta della Messa per la Cresima, celebrata dal Prelato dell'Opus Dei…”; altolà!, ho subito cambiato tono e ho aderito all’invito per tutti e due i miei figli.

Con la nascita delle ultime due bambine, Claudia, che ha ora 5 anni e Cecilia, che ha 1 anno, penso che abbiamo completato la nostra composizione familiare, anche se tutti i miei colleghi scommettono su una mia ulteriore maternità, e ormai solo alcuni rimangono sconcertati dal mio “magari!!!!!”.

In realtà, a prescindere dai raggiunti limiti di età, conciliare il mio lavoro in ufficio con tutto il resto è estremamente faticoso: è dura riuscire a essere presente e a lavorare bene sempre con un sorriso e una parola di incoraggiamento e competere con rampanti colleghe senza impegni familiari, ed è ancora più difficile tornare a casa e riuscire a non riservare ai bambini, o peggio a Egidio, solo lo scarto della giornata. È vero però che conciliare tutto è anche “riposante” e divertente perché mi permette di cambiare continuamente ambito di attività: cambio dei pannolini di Cecilia e lezione di matematica alle mie piccole “belve” si alternano giornalmente con relazioni di pianificazione e schede di monitoraggio di avanzamento periodico, a incontri di formazione per coppie incaricate nella scuola che frequentano i nostri figli o cene di presentazione delle attività estive organizzate dai club dei ragazzi.

La settimana scorsa Aldo – che salutavo mentre uscivo per andare in ufficio – mi guarda con maggiore attenzione del solito e mi chiede “hai solo questa giacca? Perché non ne metti una più trend?” Da parte sua è una richiesta decisamente insolita… Mi fermo per sapere che cosa mi suggerisce e, non soddisfatto del mio guardaroba, va in camera sua e ritorna con un suo pullover nero che gli sembra molto più indicato di quello che mi vede addosso. Questo suo gesto mi intenerisce molto…. e quel giorno in ufficio ho ricevuto tanti complimenti sul mio “look”!

…. ma, guarda Cristina come cresce bene. Ha 11 anni è studiosa e ha tante amiche. E che dire dell’emozione della prossima prima Comunione di Maria Chiara e della Cresima di Vittorio…? Proprio Maria Chiara un giorno stava pensierosa e un po’ scontrosa. “Mamma non riesco mai a parlare con te! C’è sempre Cristina che ti intrattiene sulla scuola o Aldo che ti racconta del suo club, o Cecilia che piange…”. Allora me la sono abbracciata dicendole “ e tu che cosa mi vuoi raccontare tesoro mio?”; e lei, contenta dell’attenzione: “Niente, mamma”.