Ricordi di un viaggio impossibile

Carlos Gómez, colombiano e padre di 9 figli, ricorda il suo viaggio a Madrid e Roma in occasione della beatificazione di don Álvaro del Portillo. Ciò che sembrava impossibile è diventata una esperienza familiare di fede.

È mai possibile dare correttamente un parere su una persona della quale fino un paio di anni fa non avevamo mai sentito parlare? Per me, sicuramente, non è facile farlo... La mia famiglia e io, e in particolare mia moglie, abbiamo incontrato l'Opera nella città di Fusagasugá il 26 giugno 2012 quando, in seguito a un comunicato della radio locale, abbiamo assistito a una Eucaristia celebrata in onore di san Josemaría Escrivá.

Forse perché la mia famiglia è numerosa e abbiamo l'abitudine di assistere tutti insieme alla Eucaristia, abbiamo attirato la curiosità di una persona dell'Opera che quel giorno era presente alla Messa. Molto amabilmente si è presentata. È stato così che abbiamo conosciuto l'Opera e abbiamo cominciato a capire che la nostra famiglia aveva una missione in questo mondo.

Un giorno di febbraio del 2014 mia moglie è ritornata dal suo ritiro mensile, non lontano da dove abitiamo attualmente; e subito ha cominciato a darmi notizie sulla beatificazione di don Álvaro e sui passi che si stavano facendo per organizzare un viaggio dalla Colombia.

Ascoltato il racconto di mia moglie, le ho domandato:

Bene, e allora...?

Mi piacerebbe che andassimo tutti insieme.

È un desiderio molto bello – le risposi-, ma non è neanche lontanamente alla portata delle nostre possibilità.

Mia moglie albergava nel suo cuore il sogno di partire per assistere all'evento... Io, invece, ho archiviato questa informazione nella mia testa con la stessa rapidità con la quale l'avevo ricevuta; potrei dire che l'avevo messa in uno di quei cassetti del mio cervello segnati con il marchio di impossibile, con lettere rosse piuttosto grandi, in modo che potessi ricordarmene facilmente in futuro se l'argomento si fosse ripresentato nuovamente.

Tuttavia l'argomento continuò a essere l'oggetto sporadico delle nostre conversazioni. Io le accettavo molto diplomaticamente per non rivelare il destino che avevo già riservato alla questione: archiviato e dimenticato.

Nella mia razionalità di ingegnere non era assolutamente possibile che un progetto di tale natura potesse andare a buon fine nella nostra famiglia. Partire in 11 persone per andare in Europa non appariva per niente facile, perché le risorse per attuare il progetto erano praticamente zero. Ciò nonostante, ho esaminato con mia moglie la nostra realtà finanziaria e quel che avrebbe comportato una spesa tanto ingente per la nostra economia familiare se fossimo riusciti a trovare un adeguato finanziamento.

Per non fare la figura del cattivo dei film, ho cominciato a prospettare qualche alternativa che rendesse possibile il progetto. Un giorno ho detto a mia moglie:

Tu vuoi andare alla beatificazione, ...lo capisco; però sarebbe fattibile soltanto se andassi tu con qualcuna delle bambine, con le due più grandi... Ti potresti inserire in uno dei gruppi che si stanno formando per questo viaggio.

La risposta non si fece attendere: mi disse, molto seriamente...

No, andiamo tutti. E inoltre, non possiamo pensare di fare un simile sforzo per un soggiorno così breve... Dobbiamo prolungare il progetto del viaggio. Dopo Madrid, dobbiamo andare a Roma, dove possiamo visitare e conoscere il Vaticano, vedere da vicino il Papa e andare anche nella chiesa prelatizia di Santa Maria della Pace, sperando di incontrare là monsignor Echevarría per poterlo salutare con tutta la famiglia.

L'unica cosa che riuscii a dire a mia moglie in quel momento è stato che, se le cose dovevano andare così, dovevamo chiedere a don Álvaro tutti i giorni che ci facesse questo miracolo.

Mia moglie mi rispose senza farsi aspettare:

― Ma che cosa credi che stiamo facendo da tempo le bambine e io?

Un giorno ho domandato a mia moglie:

― Bene...; ma tu, perché vuoi partire?

Mi rispose subito:

Perché un viaggio in Europa uno può farlo per molti motivi – anche semplicemente per passare il tempo -, ma noi non avremo un'altra occasione per viaggiare insieme ai nostri figli e offrire il viaggio per la loro vocazione. Inoltre sono sicura che la Beatificazione porterà innumerevoli grazie a tutte le persone che si sforzeranno di superare ogni eventuale ostacolo pur di essere presente.

La prima a prendere una decisione generosa è stata mia moglie, la quale si è privata dell'unico immobile che le hanno lasciato i suoi genitori e che aveva per lei un grande valore sentimentale perché in quell'appartamento a Cali era cresciuta e vissuta con la mamma e i due fratelli.

Ben presto abbiamo saputo che una coppia spagnola ci avrebbe accolti nella loro casa, posta a 40 chilometri da Madrid. Però quando abbiamo cercato un albergo a Roma, la risposta è stata sempre la stessa: tutto esaurito, o al massimo erano disponibili uno o due posti... Undici, neanche a pensarlo! Ma pochi giorni prima di staccare i biglietti, anche questo ostacolo è stato superato: un albergo a basso costo ci ha comunicato che si erano liberati dei posti.

Il 27 settembre abbiamo vissuto la beatificazione molto intensamente, con molta gioia e con molta pace. Non dimenticheremo mai quella Eucaristia.

Ma le sorprese di Dio non erano finite, perché poi siamo andati a Roma con il generico desiderio di vedere Papa Francesco, conoscere il Vaticano, andare nella chiesa prelatizia e pregare davanti a san Josemaría. Grande è stata la nostra sorpresa quando abbiamo saputo che durante il nostro soggiorno nella Città Eterna sarebbe stata celebrata la Messa di apertura del Sinodo straordinario della famiglia, presieduta da Papa Francesco.

Abbiamo ottenuto due biglietti per questa Messa, ma noi eravamo undici...

Il fatto è che, con fede, ci siamo messi in fila per entrare, e io ho detto a mia moglie:

Facciamo la fila e se la polizia ci fa tornare indietro, pazienza: vedremo la Messa dal maxi schermo che c'è in piazza.

Mi rispose:

― Bene, abbiamo fede e chiediamolo al beato Álvaro. Se il Signore ci vuole là dentro, sarà così.

Arrivati all'ingresso, ci hanno detto che non c'era più posto. Eravamo delusi. Ma in quell'istante un signore della sicurezza si accorse che c'era una signora con un bebè in braccio – mia moglie – e le fece segno... La chiamò e le disse di entrare. Ciò che quel signore non si aspettava era che detta signora avesse dietro si sé una piccola fila di otto figli e un adulto...

Allora ci disse in italiano che poteva entrare solo la signora e il neonato. Con gran pena, ci separammo. Ma mentre spiegavo ai miei figli che saremmo ritornati nella piazza per vedere dallo schermo ciò che la mamma stava vedendo in diretta dentro san Pietro, si presentò lo stesso poliziotto chiedendo della famiglia della donna col bambino... E così abbiamo avuto la possibilità di entrare in quel luogo privilegiato dove abbiamo potuto partecipare a quella Eucaristia tanto significativa per noi...

Non potevamo immaginare che tante grazie, favori, doni spirituali e materiali avrebbe portato con sé la beatificazione di don Álvaro per le migliaia e migliaia di persone lì presenti. Se ogni persona avesse la possibilità e volesse raccontare la propria esperienza, verrebbe fuori qualcosa di gigantesco.