Trovare Dio nell'Università

Marina racconta della sua vocazione cristiana, scoperta durante gli studi universitari grazie all’affettuosa insistenza di un’amica. Poi l’avventura di essere apostolo nel proprio ambiente e tra i propri colleghi di studio.

Abito a Roma da due anni, studio scienze politiche e mi sono imbattuta nell’Opus Dei quasi per caso. Una mia collega frequentava una residenza universitaria della Capitale e partecipava alle attività formative promosse dalla Prelatura. Insisteva perché qualche volta l'accompagnassi. L’idea non mi piaceva molto… da qualche tempo avevo smesso di andare a Messa e non vedevo la necessità di avvicinarmi a quelle che io immaginavo fossero le pratiche "medievali" di una istituzione con cui non volevo avere nulla a che fare. Più volte le dissi: “No, grazie. Non mi interessano queste cose”, ma generalmente declinavo l’invito inventandomi qualche impegno.

Alla fine decisi di recarmi con la mia amica al Collegio Celimontano, giusto per usarle una cortesia. Pensavo che, una volta accontentata, i miei successivi e ulteriori rifiuti avrebbero reso perlomeno sgarbata la sua insistenza.

Per pura curiosità iniziai a parlare con il sacerdote. Mi sorprendeva soprattutto la capacità di ascolto delle persone dell’Opera. Sono un tipo logorroico… è difficile starmi dietro se non si ha pazienza! Mi affascinava parecchio la figura del Fondatore: iniziai a studiare con una piccola immagine di San Josemaría vicina ai libri. Non sapevo nemmeno io perché lo facessi. Era quasi una sfida: “Vediamo se un’ora di studio è davvero un’ora d’orazione”- mi dicevo. Vivevo tutto come una sorta di scommessa.

Poi si insinuò nella mia mente un dubbio: forse l’essere logorroica si estendeva veramente a tutto, anche al mio rapporto con Dio. Avevo molta voglia di fare spazio a un Significato nella mia vita, ma temevo di rimanere delusa.

Ho riflettuto varie volte su alcuni punti di Cammino. Capii che la porta che avevo chiuso poteva essere riaperta e così iniziai a partecipare a un corso dottrinale di base e, successivamente, ai circoli di formazione cristiana che si tenevano nella Residenza.

Durante questo periodo ebbi modo di riflettere sui fondamenti del rapporto personale con Dio e mi resi conto del rischio che corriamo di basarlo sul sentimentalismo: quando il sentimento muta di sfumature o viene meno, allora nella nostra vita viene meno anche Dio. Questo tema, affrontato soprattutto nel corso dottrinale, ha spinto me e una mia amica (la stessa che era stata così paziente da riuscire a portarmi in Residenza…) a chiedere un’aula presso i locali della nostra università da utilizzare una volta alla settimana per incontrare gli studenti, gli amici, i colleghi e parlare con loro dei problemi relativi a Dio e all’esistenza umana. Entrambe siamo convinte che molta gente non conosce Dio semplicemente perché non ne parla con nessuno e altrettanta gente vive la religiosità in modo abitudinario, senza andare in profondità.

Fare apostolato nell’università non solo è possibile ma è anche un’esperienza intellettualmente stimolante. Durante un corso di diritto privato, per esempio, è normale che si tratti dell’istituto del matrimonio; quest’anno la docente del mio corso ha giustamente riconosciuto la necessità di ampliare l’argomento trattando anche delle cosiddette famiglie di fatto. L’occasione mi è parsa irripetibile. Ho chiesto di approfondire a livello personale, mediante la stesura di un elaborato, il tema in questione. Alla fine del lavoro la docente mi ha chiesto di illustrarne i risultati durante una lezione. Molti colleghi pensavano forse che avrei propinato loro un sermone con tanto di citazioni della Sacra Scrittura. Si sono ricreduti. Ho scelto un tipo di argomentazione che si fonda solo sugli strumenti del diritto e sul senso comune. Questo non implica l’inesistenza di altri riferimenti validi di natura diversa, ma ha fatto sì che alcune persone sentissero la necessità di approfondire la tematica della famiglia anche aldilà dei concetti giuridici.

Sono molto felice di aver trovato un senso al mio impegno, al mio studio, alle mie attività. Un senso che non sia semplicemente quello materiale della gratificazione immediata, del riconoscimento, del prestigio fine a se stesso. Sto lavorando per convogliare tutti questi elementi verso una Persona.