“Queste crisi mondiali sono crisi di santi”. La risposta di san Josemaría.

In preparazione della festa di san Josemaría che si celebrerà il 26 giugno offriamo una riflessione di don Matteo Fabbri, Vicario dell’Opus Dei per l’Italia.

Oggigiorno si parla molto di crisi, di difficoltà. Motivi ce ne sono, certamente. Ma non tutto è tenebra. Nel buio della notte si vedono le stelle; nel firmamento della nostra esistenza brilla la luce della vita dei santi, e questo è fonte di speranza. I santi alimentano la nostra speranza, perché attraverso il loro esempio ci rendono accessibile la vita di Cristo. I santi ci danno speranza perché sono “veri”. La loro testimonianza è incontrovertibile, perché è vita vissuta.

Come tutti i santi, san Josemaría non ha trasmesso solo un insegnamento, e neppure solo ha fondato per ispirazione divina un’istituzione destinata a conservare e trasmettere un messaggio. Ancor prima lo ha vissuto e incarnato nella propria vita. Ha fatto della propria vita un'Opera di Dio, Opus Dei. E’ questa la logica della fede cristiana, che si trasmette attraverso la vita vissuta della Chiesa e dei santi.

Così scriveva in una celebre omelia pronunciata nel campus dell’Università di Navarra, all’aperto: “Siatene pur certi figli miei: qualsiasi specie di evasione dalle realtà oneste di tutti i giorni significa per voi, uomini e donne del mondo, il contrario della volontà di Dio (…). Dio vi chiama per servirlo nei compiti e attraverso i compiti civili, materiali, temporali della vita umana. (….) Sappiatelo bene: c’è un qualcosa di santo, di divino, nascosto nelle situazioni più comuni, qualcosa che tocca a ognuno di voi scoprire”. Il suo esempio ci conduce a non fuggire mai dalle nostre attività quotidiane, a cercare la santificazione nei compiti familiari, nella giornata di lavoro tante volte caratterizzata dalla frenesia. Per chiamata divina cercheremo di rimettere ordine nella creazione e faremo in modo che a orientare l’attività professionale non sia la mera ambizione o la ricerca del successo o del potere, ma un vero e profondo senso di servizio.

In una certa occasione, a un suo figlio spirituale che gli chiedeva quale delle piccole cappelle presenti nella sede centrale dell’Opus Dei gli piacesse di più, rispose: “la strada!”, e lo fece con un gesto icastico, spalancando la finestra. Il mondo, la strada sono il luogo privilegiato del nostro incontro con Dio.

Possiamo vivere in mezzo al mondo santificandolo dal di dentro non perché pretendiamo di avere chissà quali talenti, ma perché siamo figli di Dio. Questa è l’unica forza, la vera sicurezza. E’ quanto insegna san Paolo ai Romani: “non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo Abbà Padre.” E proprio queste parole sono quelle che affiorarono imperiosamente alle labbra di san Josemaría nel momento di orazione più elevato di tutta la sua vita, su un tram a Madrid, negli anni trenta, in un momento di forti difficoltà.

Il sorriso dei figli di Dio, anche nei momenti duri, costituiva per il nostro fondatore una delle componenti dell'attrattiva apostolica del cristiano. Ci invitava a non accontentarci del solo apostolato dell’esempio, pure essenziale, ma a riflettere sui passi evangelici della pesca miracolosa, o della pecorella smarrita, e a ritrovare in essi un esplicito invito ad andare verso le persone, conoscendole e amandole una per una, rivolgendo loro la parola delicata e opportuna dell’amicizia. Il ritratto del cristiano che si sa scelto da Dio per essere pescatore di uomini, buon pastore dei suoi amici e conoscenti e che attrae alla luce di Cristo, emerge da queste pennellate di Escrivá: “l'abbondanza di luce e di dottrina, lo stimolo spirituale della vostra orazione e del vostro lavoro, che è testimonianza autentica della dottrina; il mucchio di piccoli sacrifici che sapete offrire; il sorriso che vi viene alle labbra perché siete figli di Dio: filiazione che vi riempie di una serena felicità - anche se nella vostra vita non mancano le contrarietà -, che gli altri vedono e invidiano. Aggiungete a tutto questo la vostra simpatia umana...”. Ecco un ritratto dell'apostolo contemporaneo, immerso nelle realtà terrene, solidale con i colleghi, attento ai bisognosi, "esperto di umanità" (Giovanni Paolo II), ricco della "gioia del vangelo" (Papa Francesco).

Sant’Agostino affermava che “attrarre è l’arte di Dio”, e noi possiamo testimoniare che nell’esercizio di quest’arte Dio si vuole servire della nostra gioia, del nostro spirito filiale, del sorriso dei figli di Dio per attrarre alla luce del suo Amore le sue creature.

Nella storia spirituale di san Josemaría ha avuto molta importanza una luce interiore durante la celebrazione di una messa: si rese conto che le parole di Gesù "quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me" (Gv, 12,32) si riferivano anche alla vita dei cristiani, donne e uomini, pieni di Lui, radicati nell'Eucaristia e nella preghiera, che in ogni ambito del mondo, nella loro vita ordinaria, portano Cristo crocifisso e risorto, irradiano il suo amore, e così sono canali della attrazione verso la croce, verso Cristo, che lo Spirito Santo continua ad attuare.

Nell'orazione della messa della memoria del 26 giugno preghiamo così: "O Dio, che hai suscitato nella Chiesa san Josemaría, sacerdote, per proclamare la vocazione universale alla santità e al­l'apos­tolato...". La chiamata universale alla santità e all'apostolato dei figli di Dio nella Chiesa sono due facce della medesima medaglia, dello stesso talento che Dio ci ha regalato. Stanno nello stesso tesoro che abbiamo trovato nel campo. San Josemaría ci vedeva così: “Figli di Dio. - Portatori dell'unica fiamma capace di illuminare i cammini terreni delle anime, dell'unico fulgore, nel quale mai potranno darsi oscurità, ombre o penombre”. Chiediamo a Dio per intercessione di questo santo, così Padre, che sappiamo mantenere viva questa luce e che contribuiamo così ad illuminare i cammini degli uomini del nostro tempo.